Cenone di Capodanno: menù à la carte

Bella vita!

Mangiare è bello fino all’istante in cui il profumo del limoncello diventa un abbraccio caldo alla gola e il cameriere ti porge il foglietto, che, se sei fortunato, oltre a riportare la cifra da pagare, è anche uno scontrino fiscale per davvero.

Il conto. Quel fogliettino che ti riporta al tavolo, che ti fa sentire il peso del portafoglio in tasca, richiamando all’ordine le papille gustative in visibilio.

Arriva un punto in cui le situazioni, le luci, i preparativi, qualche petardo, il freddo, Carlo Conti in tv… ti portano a fare, appunto, i conti.

Coi soldi va così: si tiene sempre conto di quelli che se ne vanno più che di quelli che arrivano. Così, prendi il tuo pallottoliere e provi a pensare ai bei momenti, ma ti investe solo lo tsunami di quelli brutti.

I soldi persi, quelli che nessuno ti darà indietro.

Momenti che avresti voluto rimuovere, ma che, temi, ormai daranno il titolo al tuo anno alle spalle.

Quella lite con un amico che ha deciso di alzarsi dalla tavola della tua vita; la ragazza che ti ha rovesciato il bicchiere in faccia, mentre speravi di poterci stappare insieme dello Champagne a fine serata; quel compagno di abbuffate che purtroppo si è fermato al primo, per sempre, non potendosi gustare tutto il pranzo e lasciandoti tremendamente solo, a fissare il piatto, vuoto; quello che ha deciso di vomitarti addosso tutta la cena, dandoti la grazia di urlare, per mostrarti quello che rappresenti nella sua vita e anche un po’ quello che sei; quello che ti ha chiesto di allontanarti dal tavolo e quello che te l’ha riservato a nome suo; quel cameriere che si è dimenticato del tuo ordine, perché per quanto tu possa esser deciso su ciò che vuoi, alle volte non basta; e poi quelle volte in cui avevi il tuo piatto preferito, lì, davanti a te, ma eri già sazio, o l’hai mangiato a forza o hai fatto indigestione, perché hai imparato che bisogna aver fame per poter gustare, anche ciò che ti fa bene; quella volta in cui hai trovato chiuso o era già tutto pieno, perché i tempi non sono mai i tuoi, e quella volta in cui ti sei fermato fino a notte fonda perché hai trovato qualcuno con la stessa fame, di vita e di nuovo.

Nuovo come l’anno che arriva, quello in cui ti ostini a sperare che abbassino la musica in sala o che tu possa sempre pagare col ticket.

Ma poi, a pensarci bene, a fine pranzo, capisci che quanto spendi ti pesa di meno di una pancia che fa male. 

Se lì dentro sei riuscito a sentirti pieno, non conta quanto spendi. Ti sei ricaricato, ti sei fermato per poi ripartire nella tua giornata fatta di fatiche, giorno dopo giorno.

Un video su YouTube s’intitola “2013 – Cosa ci ha reso uniti“. Ognuno si sceglie il ristorante che vuole e ognuno impara a scegliere anche il ristorante che può permettersi, ma tutti abbiamo fame. Anche se quelli che mangiano Sushi io proprio non li capisco.

Un detto africano dice

“la mano non dimentica mai la strada verso la bocca quando ha fame”.

La strada verso il portafogli, alcuni, invece, la dimenticano molto in fretta.

Bisogna svuotarsi per poter tornare. Spendersi. Riposarsi ha un prezzo, ma per vivere devi spenderlo.

In quel buon anno, il vero augurio è che, anche se il menù varia, la cucina non chiuda. Non chiuda quel luogo che fa da motore alle tue giornate, non chiuda quel mondo di riposo, rifugio, casa, che è dietro ad ogni piatto: Dio, la famiglia, l’amore, l’amicizia, la compagnia. A ciascuno il suo.

Il mio augurio più grande, prima della cucina, è che possiate non aver paura di spendere.

Anzi, nella liturgia cattolica, stasera non si coniuga al futuro verso l’anno che verrà, ma al passato all’anno che è stato, ringraziando perché se stai leggendo vuol dire che le tasche saran pur vuote, ma le pance sono state piene. E in tempi di crisi, non è cosa da poco.

Non pensate a guadagnare, pensate a spendere.

E dire che in questa enorme metafora, non ho mai parlato di soldi. Quelli veri.

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