Una poltrona per due: il valore della rassicurazione

Lettino dello psichiatra. Associazioni tra parole.

Casa: zerbino (Tendo alla sottomissione? Rappresenta il porto sicuro dopo una giornata di lavoro?)

Lavoro: ingresso del Tribunale (E qui ci siamo)

Sport: campo da calcio (E vabbè)

Vigilia di Natale: “Una poltrona per due”

Così, di botto. Niente albero, in casa mia non si fa dal ’92. Niente pacchi regalo, niente renne, niente canzoncine.

Ho una confessione da fare.  Non sono mai stato un fan di Trading Places (“Una poltrona per due” in lingua originale. Una delle genialate storiche dell’Ufficio Traduzioni Titoli, neanche la peggiore se pensiamo a capolavori come Se mi lasci ti cancello). Non mi sono mai piazzato sul divano la sera del 24 , pigiamone rosso e calze antiscivolo,  aspettando spasmodicamente di poter rivivere le disavventure di Louise Winthorpe III e Billy Ray Valentine. O per lo meno, ciò non accade più dall’epoca in cui pensavo che dopo il liceo avrei fatto il Power Ranger. E no: non mi sono iscritto al gruppo di facebook che il 25 dicembre di ogni anno fa partire un improbabile count-down.

Tuttavia non posso fare a meno di chiedermi: Come ha fatto “Una poltrona per due” a diventare il cult natalizio per eccellenza?

Ma prima ancora: “Una poltrona per due” è davvero un film natalizio? Vediamo.

Regia. John Landis si fa un nome nel 1978, quando il suo “Animal House” riempie le sale cinematografiche statunitensi. Il film è un trionfo e diviene il capostipite del genere college movie, che può vantare titoli del calibro di “American Pie”, “Porky’s” e quant’altro: insomma, sesso, allusioni sessuali, sesso e ancora sesso.  Due anni dopo riscrive la storia del cinema (e della musica) con “Blues Brothers”, non esattamente un film per bambini. Poi si appassiona all’horror e dirige “Ai confini della realtà” (1983) e, nello stesso anno, il video musicale più famoso di sempre (non vi dico qual è perché dovrebbe essere scienza infusa). 

Il cast. Dan Aykroyd viene espulso dal seminario a diciassette anni perché ritenuto inadatto alla vita ecclesiastica (ma a natale non era nato Gesù?).  Con l’amico John Belushi è la colonna portante del Saturday Night Live, lo show più dissacrante della tv americana, dove si presentava come venditore di un frullatore tritatutto.  Eddie Murphy, oggi rinomato attore di innocui film per famiglie, era all’epoca il terzo volto del Saturday Night (il quarto moschettiere, per la cronaca, era un certo Bill Murray), dal cui palcoscenico sbeffeggiava bianchi, neri, italo-americani, gay e via dicendo.

La trama. Il film inizia con un caso di pregiudizio razziale. Prosegue con l’esperimento sociologico di due sadici fratelli che, con il piglio del dottor Mengele, decidono di scambiare la vita di un barbone di colore con quella di un broker affermato, riempiendo le tasche di quest’ultimo con una dose di droga (nel film chiamata polvere d’angelo. Buon Natale!). L’ex-broker-ora-barbone, che ha perso amici/lavoro/fidanzata, cerca di incastrare l’ex-barbone-ora-broker riempiendo il suo ufficio, di nuovo, con un quantitativo esagerato di polvere bianca, servendosi dell’aiuto di una prostituta. Le sentite le campanelline della slitta? Non ancora? L’ex-broker minaccia una serie di persone con la pistola, prima che l’ex-barbone, alla toilette intento a fumarsi una canna, scopra il piano originario dei fratelli perversi e decida di allearsi con il nemico per punirli. Il nuovo amico viene salvato da un triplice tentativo di suicidio (il terzo viene provocato attraverso un overdose di barbiturici nell’appartamento della suddetta prostituta) e due alleati si vendicano come neanche Gerard Butler dopo l’omicidio di moglie e figlia: imbavagliano un tizio a caso e lo rinchiudono in una gabbia insieme ad uno scimmione che lo sodomizza. Non contenti, riducono sul lastrico i due fratelli, uno dei quali viene ridotto in fin di vita da un attacco di cuore. Falalalala-lalalala.

Il film ha un’ambientazione natalizia, certo. Ma non mi risulta che il 14 febbraio vengano trasmessi speciali sul Massacro di San Valentino (non molto spesso, almeno). Perché da 19 anni Una poltrona per due viene riproposto alla vigilia di Natale? E cosa sospinge milioni di persone verso questo film, neanche fossero zanzare attratte dalla luce del lampadario? Si parla dell’11% di share, e sono dati di un paio di giorni fa.

La verità è che non si tratta di trama, di attori o di regia. E nemmeno di risate, di coinvolgimento, né di atmosfera natalizia.

La verità è che il 24 dicembre, come tutti gli altri giorni dell’anno, abbiamo bisogno di essere rassicurati.

Oggi la vita scorre veloce e non si ferma, lo sa bene chi come me ha finito il liceo da un pezzo e si è accorto che mentre prima gli anni si trascinavano stancamente come lunghissime pause tra una vacanza estiva e l’altra, oggi pensare di fermare il tempo è impossibile. I lavori cambiano, ci trasferiamo, cambiamo città e paese. Anche le persone: gli amici storici ci lasciano, ce ne facciamo altri e poi ce ne andiamo noi. Qualcuno ritorna, per poi sparire di nuovo, per ricomparire un giorno e scambiare la promessa di una telefonata. Qualcuno ritorna per restare, qualcuno è ormai un ricordo, tra i tanti. Questo vortice che ci sballotta di qua e di là, avanti e indietro, ci impone, ogni tanto, la necessità di appoggiare un piede a terra, per riprendere fiato.

Ecco. “Una poltrona per due” è la nostra isola, il nostro punto di appoggio. Stiamo guardando qualcosa che abbiamo già visto mille volte, di cui conosciamo tutte le battute e sappiamo come va a finire. Siamo certi che molti altri stanno facendo lo stesso.  Soprattutto, non corriamo il rischio di essere sorpresi, da niente e da nessuno. Nella vita quasi niente funziona così, e non è detto che sia un male.

Ma “Una poltrona per due” è tradizione. E tradizione è rassicurazione.

E allora:

“Ti diverti Billy Ray?”

 

 

 

Comments

comments

Rispondi