Ma tu che ci credi, non dovresti..? – Guida pratica alla 3ª domenica d’Avvento

Oggi sfatiamo un mito.
Anzi, sfatiamo un credo. Il credo di chi non crede in Gesù.

Il credo di chi guarda da fuori.
Il credo di chi scruta, ma da lontano. E vede male.
Eppure le lettere sembrano così chiare che non c’è spazio al dubbio, ma neanche ai pensieri.

«È così.»
«C’è scritto così.»
«Gesù questo non l’ha detto.»

E intendiamoci, spesso l’anima di chi non crede abita il corpo di chi un tempo ha creduto.
Abita il corpo di chi ha già scrutato da vicino.
Il corpo di chi crede di saper bene a cosa non crede.
Ti dirò di più: i più grandi fondamentalisti cattolici si nascondono nello sguardo degli atei più convinti.
Chi non crede, spesso, ne sa di più, anche solo per cogliere in errore chi crede.

«Ma tu non dovresti mica..?»

E questa presunzione ce l’ha anche chi ci crede ancora.
È la stessa presunzione del ragazzo che impara a memoria il proemio dell’Iliade e crede di sapere quanto sia cambiato il mondo di Achille alla morte di Patroclo.
E fa sorridere pensare come questo tipo di presunzione sia una conquista per quel giovane ragazzo, che, da piccolo invece, a Natale, quando saliva sulla sedia per recitare la poesia a memoria, prendeva tutto solo come un gioco.

Perché imparare a memoria questo è: un gioco. E neanche uno dei più divertenti.
È quel gioco in cui più ripeti, più ti rimane, più dimentichi che senso ha, più le parole diventano manichini di lettere vicine.
Bisogna prendere le cose per quello che sono. Prendere la vita per quello che è.

“Voi scrutate le Scritture pensando di avere in esse la vita eterna”,

ma vi illudete.

Si può leggere il Vangelo e non capirlo.

Anzi, si deve leggere il Vangelo consapevoli che non sarà facile capirlo.
Ammettiamolo: linguisticamente parlando ci sono storie più avvincenti. Fatico a leggere il Vangelo di sera, a letto, avvolto nella coperta di luce fioca della lampada.
E continuare a rileggere una storia che sai già come finisce non è che sia poi così stimolante.
Deve esserci dell’altro, anche se altro non c’è.

Il Vangelo spesso è scritto negli spazi bianchi tra una riga di testo e l’altra.

20 anni passati sui libri mi hanno insegnato che è proprio lì che non si cerca la vita.
Per quanto ci ostiniamo a scrivere libri che racchiudono storie di vita, da un libro si può solo partire e mai arrivare.

Credere in un libro rende tutto più lontano. Troppo lontano.
I libri non ti abbracciano, non ti chiamano per nome, non ti accolgono con uno sguardo, non ti dicono “vale la pena vivere insieme a te”.
I libri ci dicono quello che siamo disposti a sentirci dire.

La fede non può essere un libro. Non può essere solo quello.
Deve passare da un incontro.
Io credo al racconto nel libro, perché credo che abbia cambiato la vita di chi me l’ha passato.
Io mi fido.
Ho fede in Lui perché mi sono fidato di te.

La fede passa attraverso il profumo della pelle, il calore di un bacio, la delicatezza delle mani, la tenerezza di uno sguardo, la melodia della voce. La fede passa persino dalla docilità di un orecchio che non oppone resistenza.

La fede è il più intrigante appuntamento al buio dove ti sforzi di pensare a che faccia avrà lei e finisce che hai sempre e comunque la pelle d’oca.

Avere fede non è credere al cielo lassù, ma credere che il cielo arriva fino alla terra quaggiù.
Ancora una volta, i bambini prendono la vita per quello che è: una casa immersa nell’azzurro appoggiata saldamente sul marrone.

 

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 5, 33-39

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati.

Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.

Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me.

Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me».

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