A Biancaneve non servono mimose

Ora vi racconto una storia che / farete fatica a credere…

Quando i Modà non erano ancora i Modà e al massimo puntavano a racimolare qualche soldo da donare alla parrocchietta della cittadina alle porte della Brianza, forse non immaginavano che questa canzone sarebbe stata la loro svolta.
Noi giovani avevamo scoperto come mettere le canzoni nel cellulare, facendo da apripista ai tamarri che adesso vedete lobotomizzati in treno, mentre vi allietano il viaggio con canzoni improbabili ad un volume a scanso di equivoci: mica che poi quello in fondo si perda una rima di Emis Killa

Ecco “Favola“, questo il titolo della canzone, era d’obbligo nel caso in cui volessi cuccare una sventurata.
Aveva quel giusto tasso glicemico dei teletubbies.
E la sapevano tutti, anche quelli che ora stanno scuotendo la testa, ma appena hanno letto la 1ª riga già s’immaginavano “una principessa e un cavaliere che, in sella al suo cavallo bianco, entrò nel bosco”.

C’è stato un momento molto chiaro nelle nostre vite in cui noi eravamo quei cavalieri, quei principi azzurri e loro erano principesse, le prime ai nostri occhi.
C’era chi faceva lo schizzinoso all’idea di vestirsi d’azzurro, in calzamaglia, sul cavallo bianco… ma gl’Inglesi avevano trovato un buon espediente: il prince charming, il principe affascinante.
E tutti vissero felici e contenti.
C’era.

C’era perché invece c’è il fallimento della matematica, quell’ 1+1 che non fa mai 2, ma sempre 1.
Non è mai semplice come nelle favole: ci sono donne che amano andare a cavallo e uomini che si fanno desiderare.
Ma ecco, sempre gl’Inglesi hanno pensato di semplificare un po’ e, alle volte, non fanno differenze grammaticali.
Alle volte maschio e femmina sembrano la stessa cosa.
Almeno sulla carta.

Io lo so che parlare di uomo e donna nel giorno della festa di uno solo dei due è un po’ ardito, ma se non ora quando?

Il punto è che, senza scomodare la ricorrenza storica – che tra l’altro sembra interessare pochissimi – la giornata di oggi ha sempre più il sapore della vendetta, della rivincita e dell’orgoglio femminile, il tutto accompagnato dal suono delle sviolinate di uomini più che mai intenzionati a raccogliere approvazioni e a fingere interesse per la causa.
Ma ancora ci auguriamo figli maschi: meno preoccupazioni.

Tutta gente che non ha colto il senso delle favole e con esso della vita.

Tutta gente che crede che le favole siano la storia del principe che va a salvare la principessa.

Le favole parlano di amore e di una e una cosa soltanto: la collaborazione tra uomo e donna.
Le favole, come la vita, non ci portano ad essere diversi – perché diversi siamo – solo dal punto di vista fisico, emotivo, attitudinale, caratteriale… ma diversi per una questione di ruolo.
Non c’entra nulla stirare o spaccare la legna.
Il principe non farebbe un passo senza il desiderio della sua principessa: io uomo ho bisogno di te donna perché insieme a te posso raggiungere un altro livello di me.
La principessa non si sentirebbe libera senza il bacio del principe: tu donna hai bisogno di me uomo perché insieme a me puoi sentirti libera di mostrarti per quella che sei.

Anche se c’è un eroe, non c’è nessuno che subisce, nessuno che rimane inerme e passivo.
Davvero può essere passiva e inerme una fanciulla come Biancaneve, che affronta da sola di notte un bosco terrificante e che riesce a mettere in riga con dolcezza un gruppo di nani rozzi e bisbetici?

Inneggiare all’uguaglianza è come pretendere che per una volta il principe se ne stia rinchiuso nella torre; accogliere la diversità è non smettere di lasciare la finestra aperta per sentirlo arrivare.

Oggi, festa della donna, festeggiamo la donna così com’è: intraprendente e spavalda o timida; con minigonna e tacchi o in tuta; che non sa cosa vuole o che sa che non vuole quello che ha.

E la festeggiamo non per dirci che (non) siamo uguali, ma per ricordarci che siamo indispensabili l’uno per l’altra.
Ed è bello così.
Da favola.

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