Quindi fate un salto per cena?

Se mandi in riparazione il cellulare e il tizio, a riparazione avvenuta, ti chiede più soldi del dovuto, te la puoi prendere con lui o al massimo con te stesso per non esserti informato attentamente.
Difficile che ti metta a riempire d’insulti il tuo cellulare.
Difficile, ma non impossibile.
Un po’ come per EXPO Milano 2015.

Ci sono stati arresti e ritardi, ma il processo lo si fa all’evento.

Che piaccia o no, nel bene o nel male, un evento così non c’è mai stato prima. Mai.

Da 26 anni a questa parte, Rho, è stata la mia casa.
Da 10 anni è Rho-fiera per i più, ma rimane sempre la mia cittadina alle porte di Milano: lontana abbastanza per vivere la dimensione del paese a sé, vicina abbastanza per essere a Gotham City in 20 minuti di mezzi.

Convinto che ormai ci siano più poliziotti qui che in questura, quella che credevate fosse estrema periferia del gioiello meneghino sta tirando fuori il vestito bello per diventare la capitale del mondo.

Tutti si fermeranno dall’orgoglio.
Si fermerà la vecchina col negozio di alimentari in via Matteotti, quello dove le cose costavano sempre meno che altrove, ma la coca ce l’aveva solo calda.
Si fermerà il Renzo, il parrucchiere su Corso Europa, uno dei pochi che ti fa ancora la barba con la lama e la schiuma calda.
Si fermerà l’Agosti coi suoi televisori sempre troppo costosi, ma da far invidia a Bang & Olufsen.
Si fermerà la Michi nel suo salone in largo Kennedy, sempre abitato da donne coi bigodini.
Si fermerà don Matteo, vestito da Tony Stark con le scarpe di coccodrillo.
Si fermeranno al Caselli e si fermeranno anche i piccioni in piazza.
Magari è la volta buona che anche il mimo vestito da statua riesca a star fermo.

Quello che per voi è un viaggio, per me è un comitato di accoglienza.

Negli ultimi 10 mesi l’organizzazione di Expo ha lavorato strenuamente come suggerisce il tema dell’esposizione: i padiglioni son venuti su come funghi.
Non c’è linguaggio che abbia messo limiti agli operai di ogni nazione, traduttori laureati ad honorem in gesti d’umanità, come tutti quelli che hanno lavorato gratis, durante le pause, al padiglione-tempio del Nepal, sguarnito dei suoi operai, rientrati in patria per la tragedia del terremoto. (ndr. Girando tra una “Storia del cioccolato” e l’altra, ho scoperto che in realtà la storia del Nepal è più una leggenda che realtà, ma perché rovinare una storia con la verità..? — Peccato!)

I padiglioni sono stupendi, di una meraviglia che difficilmente si scorge dalla scatola luminosa del vostro salotto – anche se l’amico Carlo Colombo sa il fatto suo con la macchina fotografica! (sua la foto in copertina)

Sarà una festa per tutti e siete – siamo – tutti invitati.
Magari, tra una critica e l’altra, se vi ritagliate un po’ di tempo, fatevi un giro: sia mai che vi perdiate l’occasione di essere orgogliosi di un pezzetto di periferia della nostra Italia.
Sia mai che vi perdiate l’occasione di essere orgogliosi per quel tricolore, fuori dai campi da calcio.

Expo è una finestra sul mondo, ma anche una vetrina sulla nostra terra.
Ci guadagneremo? Forse.
Ci perderemo? Chi può dirlo.

Quando ho visto l’Albero della vita acceso, io, mi son preso i miei 10 minuti per ammirarlo.
L’unica bufala, mi sa, sarà quella da mettere sulla pizza.
E sarà buona.

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