Falegnami del Cinema

Quando ero una bambina cicciottella e spensierata “andare al cinema” voleva dire:

  • aspettare che la domenica mattina mio padre andasse a comprare il giornale
  • cercare la pagina delle programmazioni distruggendo puntualmente tutto il giornale
  •  scegliere film, luogo e orario
  •  arrivare al cinema sempre con ore di anticipo
  •  fare la coda per comprare i biglietti
  • il permesso di mangiare caramelle mentre in una sala enorme veniva proiettato l’ultimo cartone animato

Ora che i giornali cartacei non si comprano più e quindi evito anche di scombinare tutte le pagine; ora che per trovare un orario, un posto e infine una pellicola che vada bene a tutti ci vorrebbe un intera sessione di programmazione delle agende; ora che le caramelle posso mangiarle quando voglio, ma in fondo ho scoperto che non mi piacciono troppo; il Cinema ha perso la sua accezione di luogo fisico per trasformarsi in emozione, in spettacolo puro.

A vent’anni ho deciso che il Cinema potevo crearmelo da sola, mi bastavano poche cose: un buon titolo di film da vedere, un paio di ore ritagliate nella mia giornata, uno schermo qualsiasi, in un posto qualsiasi, con un audio qualsiasi che mi permettessero di vedere la pellicola scelta.

 Stop.

Niente di più.

Voglio il Cinema? Ecco servite le basi.
Tutto il resto, tutto il resto è un di più, è un’aggiunta, un qualcosa per abbellire il tutto.
Per andare al Cinema, mi basta solo questo. Niente poltroncine, niente maxischermo, niente popcorn.

C’è il film e ci sono io.

Da quest’improbabile duo nascerà tutta la magia che il Cinema può scatenare: la coscienza verrà colpita, le emozioni saranno scosse e si riusciranno a raggiungere stanze segrete dell’anima.

Quello che mi circonda, le persone che decideranno di vedere o non vedere con me quel film, il luogo, il preciso momento della mia vita in cui schiaccerò Play, potranno poi influenzare quel che succederà dopo, ma non lo determineranno.

La magia nascerà da quel poco, dalla mia decisione di rispondere a un invito pensato da altri e inciso su pellicola.

Se poi una sera deciderò di vestirmi, uscire di casa, guidare fino al multisala più vicino per vedere l’ultimo cartone animato come succedeva una volta, sarà una serata piacevole, sarà una mia decisione. Ma di sicuro non varrà di più di quando tornata dall’università mi metto in pigiama e sdraiata sul letto mi prendo due ore di tempo per vedere Casablanca sul mio iPod.

Il Cinema è un rapporto personale con un’universalità che tenta di comunicare qualcosa a chi lo guarda. A chi guarda il film, non tutto il resto. Ognuno poi ha la libertà di scegliere come decorare quello che c’è intorno.

Hai il diritto di non uscire di casa per vedere un film.
Hai il diritto di sospendere, mandare indietro, saltare delle parti. Hai il diritto di rivedere 10 volte la scena finale di “Via col vento”, così come hai il pieno diritto di saltare tutte le due ore di film che ci sono nel mezzo.
Hai il diritto di annoiarti, cambiare idea, cambiare film.
Hai il diritto di fare “altro” mentre guardi un film. Scrivere alla morosa, stirare, cucinare, studiare: io credo nel multitasking.
Hai il diritto di addormentarti e riprendere da dove avevi lasciato.
Hai il diritto di vederlo in lingua originale sottotitolato, nella tua o in qualsiasi altra lingua.
Hai il diritto di vedere un film sdraiato, in piedi, a testa in giù mentre fai yoga, seduto per terra o comodamente sul divano.
Hai il diritto di guardare un film dove vuoi: in una sala cinematografica, in metro, in università, in una stanza d’albergo, in uno scantinato, all’aperto.
Hai il diritto di fare tutto questo e poterlo ancora chiamare “Cinema“.

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