Andare avanti tornando indietro

Siamo fatti per sopravvivere.

Come il corpo sviluppa gli anticorpi, anche il cuore e la mente sviluppano i loro anti-.
È l’unica spiegazione che mi riesco a dare di come rendiamo niente le persone che un tempo erano il nostro tutto.

Impariamo a dimenticare.
Ci forziamo a dimenticare.
Fingiamo di dimenticare.

Piaccia o no, va a finire che quello che segue dice molto di più di quello che c’era e il dolore insegna molto più in fretta della gioia.
Può essere un amore svanito o un’amicizia consumata, un’intesa affievolita o una complicità persa.

«Meglio così».

Ti tocca pensarlo altrimenti rischi che torni sui tuoi passi.

O sarà che ci sono dei ruoli, dei posti, delle posizioni nella nostra vita che sono saldamente occupate da qualcuno e che proprio per questo quel qualcuno diventa uno dei nostri tutto.
Finché diventa un niente e dobbiamo esser pronti a rimpiazzarlo. Sia mai che il posto rimanga vuoto.

Ma cosa vuol dire quando ti applichi per tornare di nuovo estraneo? In fondo — persino in quella situazione! — non stai facendo altro che conoscere di più un aspetto che l’altro non ti ha mai mostrato prima. E stai facendo lo stesso anche tu.
Magari il gioco è rendere l’altro una persona diversa da quella di prima: giusto!

Sei cambiato tu.
Sono cambiato io.

…eccettera eccettera. E non ci pensi più.
Quella persona è semplicemente diversa: diversa dalla persona che era al corrente delle tue ansie quotidiane, di come stavi quando ti mettevi a nudo, di come ti sentivi quando ti mettevi nudo per davvero, di ciò che ti faceva piangere e di quanto le hai voluto bene.

Quando le nostre vite ruotano intorno a qualcuno, non è che smettono di farlo, anche se quel che è rimasto è solo una traccia di quel ricordo.
Ci son sempre quegli stra-maledettissimi pezzetti che rimangono lì attaccati.
Ricordi impressi nei luoghi in cui siete stati o cose che vi siete detti o le canzoni che avete ascoltato proprio per dare una colata di attacca-tutto a quei pezzetti, firmando la vostra condanna di domani, quando ti ritrovi in coda alla cassa del supermercato e senti venir fuori prepotentemente dagli altoparlanti proprio quella canzone. E capisci che stai ancora ruotando intorno a quei qualcuno, seppure con un’orbita ben più ampia di prima. E forse non hai mai smesso.

Vuoi dirmi che davvero ti sei dimenticato del compleanno di chi hai voluto fortemente nella tua vita, o tutte le tue prime volte, intime o meno che siano state? I vostri anniversari e le vostre commemorazioni sono tornati ad essere un giorno qualunque negli anni che passano? Le cose che hai fatto e le promesse che hai espresso non hanno più alcun valore?  Sono state annullate dal semplice fatto che non siete più voi o semplicemente le hai ignorate visto che altro non potevi fare?
La mente ti dice di andare avanti e obbliga il cuore a fare altrettanto.

Io voglio credere che o ami qualcuno, in qualche modo, per sempre, o non l’hai mai amato; o vuoi davvero bene a qualcuno, cascasse il mondo, o il mondo ha senso che caschi all’istante.
Non voglio credere che ci depenniamo a vicenda semplicemente perché non c’interessa più.

In ogni modo, è inevitabile andare avanti: siamo fatti per sopravvivere.

Partiamo tutti come estranei. Troviamo persone che sono o irragionevolmente convincenti o sorprendentemente in sintonia con noi. Troviamo compagni di classe e amanti e vicini di casa e amici di famiglia e cugini e sorelle e le nostre vite si intrecciano in un modo che non sarebbe potuta andare diversamente.

Ma del contatto non ci interessa granché. Quel che conta è scontrarci per cambiare quel che non possiamo cambiare da soli.
Siamo tutti laureati in scienze del senno di poi e il nostro spirito di sopravvivenza ci avrebbe portato sempre lontano da quegli scontri, avesse saputo quanto male avrebbe fatto dividersi. Ma ci ritroviamo a ruotarci intorno e diventiamo di colpo studenti al primo anno della facoltà di architettura del ricordo distratto: non ci ricordiamo più che prima delle stellate più belle abbiamo bisogno della pioggia più scrosciante.
Potessimo eviteremmo.

Partiamo tutti come estranei, come fosse una partenza in salita, ma non so se sarebbe bello vivere al contrario: iniziare con le lacrime e finire con quell’istante, quando non ricordi più come facevi a far senza.

Eppure anche allora eri un estraneo. Forse anche per chi sei diventato oggi, col senno di poi.
Ed io, col senno di poi, non ci baratterei la stellata di questa sera.

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4 commenti su “Andare avanti tornando indietro”

  1. Siamo partiti come estranei.
    Poi è partito un “Minchia che gnocca: me la farei!”
    Ed ecco… ci ho provato.

    E niente, me la sono fatta!!

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